Scene d’archivio

Scene d’archivio

Proposta di tre spettacoli per il lancio promozionale del Museo dell’Archivio storico della Fondazione Banco di Napoli

Scene d’Archivio è un progetto di teatro pensato per animare le sale dell’Archivio Storico della Fondazione Banco di Napoli, mettendo in scena le storie custodite tra i preziosi fondi dell’Archivio. Per l’autunno 2015 la coop. En Kai Pan, in collaborazione con l’associazione teatrale Aisthesis, propone tre spettacoli, che prevedono tre forme rappresentative diverse: spettacolo da sala, da svolgersi o in un salone interno o nel cortile centrale della Fondazione; spettacolo itinerante, da svolgersi nelle sale dell’Archivio Storico; mise en espace, spettacolo da camera da svolgersi in uno degli ambienti interni dell’Archivio. Le storie selezionate – l’omicidio D’Avalos-Carafa, la peste del 1656 e la Repubblica Napoletana del 1799 – sono tra le più famose e rappresentative della storia di Napoli tra sei e settecento e la presenza nell’Archivio Storico della Fondazione di documenti che testimoniano queste storie dimostra il profondo legame tra l’Archivio e la storia della città, legame che va esplorato e soprattutto comunicato ai cittadini. Per questa ragione Scene d’Archivio può diventare una rassegna permanente di teatro all’interno dell’Archivio, rinnovandosi di anno in anno in maniera naturale, grazie al ricchissimo patrimonio di storie e al costante lavoro di ricerca degli archivisti. Coop. En Kai Pan, grazie alle diverse competenze dei suoi soci fondatori e alla collaborazione dell’associazione teatrale Aisthesis, è in grado di occuparsi della realizzazione dei tre spettacoli, che prevedono l’elaborazione di drammaturgie originali, la formazione degli attori che prenderanno parte agli spettacoli e l’allestimento degli ambienti.

Crudele d’Amor

Ottobre 2015

L’azione si svolge in un’aula di tribunale dove, all’indomani dell’omicidio di Maria d’Avalos e Fabrizio Carafa viene istruito il processo contro un unico imputato: Carlo Gesualdo, principe di Venosa, marito di Maria. La scena è a pianta centrale, sul modello del teatro elisabettiano, e il pubblico disposto in maniera circolare intorno alla scena svolgerà il ruolo di giuria, assistendo all’alternarsi dei personaggi e a quello delle scene. L’azione inizia con l’istruttoria guidata dal Maestro d’atti Giovan Domenico Micena e con le testimonianze dei servi di Gesualdo, Silvia Albana e Pietro Bardotto – estratti dalla reale istruttoria – ma con l’allargarsi della rappresentazione altri testimoni e altri saliranno sul palco fino a rendere il racconto polifonico, come i madrigali gesualdiani. Mentre i testimoni si avvicendano, raccontando ciascuno la propria versione dei fatti, i protagonisti rivivranno la storia del tragico amore: dal matrimonio felice di Gesualdo e Maria, di cui alcune testimonianze sono custodite dall’Archivio Storico del Banco di Napoli, all’incontro con Carafa, fino al tradimento col suo esito fatale – diventando sempre più immateriali, rivelandosi nel finale come fantasmi della coscienza martoriata di Gesualdo, che, da grande madrigalista, orchestra alla perfezione la tragedia della sua vita, per sciogliersi, infine, nella sostanza della musica, trascinando tutti con sé.

La repubblica di Utopia

Novembre 2015

Il 1700 è stato il secolo dei Lumi e delle utopie politiche, ma anche della riscoperta del classicismo nelle sue forme espressive più razionali, tanto è che in questo periodo si riscopre un genere letterario antichissimo: il dialogo filosofico. Allo stesso modo nella mise en espace che proponiamo, dalle idee, evocate dai fantasmi dei grandi pensatori ed esoteristi del ‘700 napoletano, emergeranno le storie di Luisa Sanfelice e di Serafina Vargas, le cui vicende sono testimoniate dai documenti custoditi nell’Archivio. Racconteremo la storia delle due donne, una famosissima, Luisa Sanfelice, e l’altra quasi sconosciuta, Serafina Vargas, la cui vita è drammaticamente legata a quella del suo uomo. Due storie d’amore che si intrecciano con le vicende tragiche della Repubblica del 1799. Un dialogo impossibile in cui le donne reclamano il loro diritto a costruire uno stato ideale, basato sulla felicità del corpo.

L’intera mise en espace sarà accompagnata dalla musica del ‘700 napoletano, ma rivisitata in chiave contemporanea, a sottolineare un passato che ancora chiede di essere interpretato.

Commedia in tempo di peste

Dicembre 2015

Capitan Matamoros è un grande attore rimasto senza lavoro a causa della terribile peste del 1656. Mentre le corti di tutta Europa reclamano la sua arte, lui è bloccato in città insieme Arlecchino. Ma un attore non può resistere senza fare spettacolo. Per questo intraprenderà un singolare viaggio all’interno della città devastata dal contagio, sfruttando ogni occasione per recitare. Sulla strada incontrerà altri personaggi (o sono anche loro attori?) e a ogni tappa del viaggio le loro storie si intrecceranno con la storia della città la cui lunga battaglia per arginare il contagio è testimoniata attraverso tutte le misure straordinarie e i fondi investiti dal Banco per bonificare le strade, dare sepoltura ai cadaveri e per sostenere il lavoro dell’Ospedale del Reame – si intreccerà con le storie messe in scena dagli attori e con i loro piccoli drammi personali in un gioco di continui rimandi metateatrali in cui verrà coinvolto anche il pubblico. 

Lo spettacolo è strutturato come un percorso sensoriale attraverso cinque ambienti, in cui luci, musica e costumi ispirati all’arte del Seicento, da Caravaggio a Mattia Preti, coinvolgeranno gli studenti in un affresco barocco vivente. Questi verranno condotti attraverso le varie stanze, in ciascuna delle quali assisteranno alle fasi della storia, mentre gli attori, inizialmente vestiti di bianco, come i monatti, estrarranno dal carretto i pezzi dei loro costumi fino ad assumere ciascuno un ruolo e una maschera precisa. Giunti nell’ultima stanza, gli spettatori saranno invitati dagli attori a sedersi ad un banchetto con loro e a consumare il loro festino in tempo di peste, presentandosi per l’occasione con i nomi di grandi attori del secolo d’oro della Commedia dell’Arte, da Silvio Fiorillo a Isabella Andreini, suscitando un dubbio: chi sono davvero gli attori, spiriti evocati a protezione della città o gli artefici del contagio?