Il laboratorio di espressione corporea e drammatizzazione Stanze prevede due conduttori – Luca Gatta per l’espressione corporea e Stefania Bruno per la drammatizzazione – che lavoreranno in sinergia con i partecipanti in sessioni autoconclusive e autonome, il cui numero e la cui durata saranno concordati con il committente.
Base del lavoro saranno il gioco e l’animazione. Uno dei procedimenti primari del teatro è fornire ai partecipanti una situazione data e stimolarli all’elaborazione drammatica di tale situazione attraverso un esercizio di creatività elementare chiamato il magico se, vale a dire l’immaginazione e la successiva attuazione di una serie di ipotesi legate alla situazione iniziale. Quando si parla di creatività l’ipotesi è più forte dell’affermazione, perché contiene al suo interno la possibilità, che può diventare infinita, basta rilanciare continuamente il gioco del magico se. Così l’immaginazione diventa più forte della realtà e, se guidata, può influire sulla realtà trasformandola.
Durante il laboratorio la situazione data sarà di volta in volta stabilita in base al livello narrativo (fiaba, autobiografia e racconto) a cui si fa riferimento e gli operatori, attraverso un metodo induttivo basato sul rilancio continuo di stimoli sensoriali e narrativi (si fa riferimento a funzioni narrative primarie), coinvolgeranno i partecipanti nella situazione portandoli a dare una risposta a quello che succede. In questo modo si determina un meccanismo di scambio virtuoso tra operatore e partecipante, ma anche tra i partecipanti stessi, in cui questi non fruisce semplicemente di un servizio d’intrattenimento ma agisce come attore all’interno del gioco e si assume la responsabilità verso se stesso e verso gli altri che il gioco funzioni. Affinché questo avvenga è necessario lavorare in uno spazio delimitato e completamente vuoto (sgombro di tavoli, sedie e di qualsiasi strumento non necessario alla salute del degente, che possa modificarlo facendo entrare la realtà quotidiana nel gioco di fantasia) e che tutti partecipino al gioco: i pazienti, i conduttori del laboratorio e gli operatori socio-assistenziali della struttura, che, quindi, non avranno solo il compito di prestare assistenza ai degenti in caso di necessità e di coadiuvare i conduttori nel rapporto con i partecipanti ma dovranno condividere l’esperienza laboratoriale con i degenti, sperimentando una forma di comunicazione diversa da quella stabilita nelle procedure tradizionali. In questo modo si stabilirà una connessione profonda tra lo spazio interiore e lo spazio esteriore di ciascuno senza mai abbandonare il livello del gioco.
È necessaria la presenza di due conduttori con esperienze e ambiti di intervento diversi – teatro e scrittura creativa – in quanto il lavoro che si propone è basato sulla stimolazione della creatività e dell’espressività intese come prodotto di una relazione non dissociata di corpo e mente, di espressione corporea e verbale, di istinto (sensazioni, bisogni, desideri ma anche disagio fisico) e consapevolezza di sé (capacità di elevarsi al di sopra dei propri limiti e valorizzare le proprie potenzialità).
Integrando gli ambiti e le competenze di ciascun conduttore nel percorso umanistico-esistenziale che si è descritto sopra, attraverso il lavoro sul corpo e sulla voce, si andranno a rimuovere i blocchi fisici, emotivi e mentali che inibiscono la possibilità di esprimersi e paralizzano l’immaginazione; quindi, attraverso la drammatizzazione, intesa come messa in atto del racconto di sé, si porteranno i partecipanti a compiere un atto realmente creativo, personale e concreto e che, soprattutto, comporti una trasformazione della situazione iniziale.
Scopo di ciascuna sessione di lavoro è che ogni partecipante riceva dai conduttori, dagli operatori e dagli altri partecipanti, un’esperienza concreta, al di là dell’intrattenimento, e che sia in grado di restituire un proprio atto creativo (da un semplice gesto, una parola o una frase, fino a un racconto).
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